lunedì 29 dicembre 2008

Peccati di omissione

Mi dispiace molto non aver più tempo da dedicare alla navigazione internet alla ricerca di siti di colleghi e di idee sui legami tra internet e didattica. Si possono trovare spunti di estremo interesse.

Ad esempio, nel suo blog "The Thinking Stick", Jeff Utecht offre alcune considerazioni importanti su quello che secondo me pochi insegnanti e amministratori di istituzioni scolastiche ancora hanno compreso. Gli studenti sono su internet, hanno una loro presenza sociale, parlano, anche della scuola "Pinco Pallino" e del loro insegnante Tizio Caio. Se sono i soli, tutto quel che si troverà online sull'istituto "Pinco Pallino" e sul prof. Tizio Caio è esattamente ciò che ne scriveranno gli studenti...

Diventa allora necessario "occupare" gli spazi, usare il proprio nome in modo massiccio in modo che siano le informazioni pertinenti a prevalere sulle chiacchere degli studenti? Non lo so, personalmente credo che se non necessario, almeno importante lo sia. Sicuramente è bene essere al corrente della situazione. Non occuparsi del proprio nome su internet può rivelarsi una omissione poco simpatica e a cui i rimedi tardivi non valgono molto.

Ma c'è un'altro tipo di omissione, a mio avviso, che riguarda forse ancor più da vicino noi insegnanti nel nostro rapporto educativo con gli studenti. Un ottimo motivo per essere presenti su Facebook e in altri spazi di social network è la necessità di un presidio. Ci sono purtroppo persone, anche colleghi, che sfruttano male e impropriamente questi canali. Esperienza diretta e personale. Esserci può significare, oltre a una lezione di stile, una forma di moderazione nei confronti di situazioni potenzialmente dannose ai nostri studenti e all'immagine delle nostre scuole. Certo, si può far finta di niente. Ma sappiamo bene che nel nostro sistema scolastico vizi e virtù sono sempre visti collettivamente e che raramente le colpe di uno non si riverberano su tutti. Forse anche giustamente.

lunedì 27 ottobre 2008

Ancora sui wiki

Per rimanere in tema di wiki, ho trovato che Kristen Fouss ha realizzato un bel wiki matematico.

La pagina introduttiva specifica che questo wiki, una collezione di appunti o un riassunto dei contenuti di alcuni corsi, è stato realizzato dai componenti delle sue classi.

Quando l'ho visto per la prima volta, io sono rimasto abbastanza colpito. Pensare che io ho impiegato due ore (rete lenta, uno che non si ricorda la password del proprio indirizzo di posta elettronica, un altro che si dimentica la password del wiki, due che condividono lo stesso computer, uno che dà un calcio al cavo di alimentazione e blocca il lavoro di un altro, la prova di evacuazione, la bidella con gli avvisi...) in laboratorio per far sì che tutti i miei studenti potessero iscriversi al wiki che dovranno usare... Quanto tempo può essere necessario per realizzare un lavoro come quello? E gli esercizi? Dopo aver dedicato un mese di tempo per fare un wiki, gli studenti sono in grado di risolvere gli immancabili esercizi che bisogna sappiano risolvere perché hanno l'esame di maturità?

Allora dopo il momento di sconforto, torno alla mia filosofia spiccia, e mi ripeto il mio mantra: il wiki è uno strumento a servizio della didattica, non è il cuore di quello che stai facendo. Che in questo caso vuol dire: se ci riesci, bene, se no, pazienza.

Nel post Wiki in prima e seconda liceo riportavo le conclusioni di un'indagine tra i partecipanti delle mie quattro classi al lavoro sul wiki svolto l'anno scorso. Secondo me ci sono importanti indicazioni sul fatto che si tratti di un modo proficuo di lavorare.

  1. Prima di tutto direi che è interessante notare che tutti gli studenti abbiano trovato aspetti positivi, motivanti, nell'attività svolta.
  2. La maggior parte degli studenti, inoltre, ha apprezzato il lavoro collaborativo che con i wiki è possibile svolgere. Questo, in realtà, non è una caratteristica necessaria del wiki, ma piuttosto dell'organizzazione del lavoro che vi sta dietro.
  3. E' ancora interessante notare come alcuni studenti siano stati facilitati in una riflessione metacognitiva da questo lavoro: alcuni infatti sono stati in grado di esprimere pareri circa l'utilità della metodologia didattica sui vari apprendimenti richiesti.
Mi pare che, da soli, questi tre obiettivi valgano la pena di essere perseguiti in modo prioritario e giustifichino l'adozione di una metodologia didattica indipendentemente da altre considerazioni: se ho strumenti didattici in grado di a) motivare gli studenti allo studio, b) condurre gli studenti a vivere la costruzione del sapere in modo collaborativo e c) suscitare in loro un'attenzione allo stato del proprio sapere, una capacità critica rispetto ai propri apprendimenti, io direi che questi strumenti debbano essere usati.

Sono perfettamente consapevole del fatto che un wiki, da solo, non è la soluzione dei problemi della didattica. Sono altrettanto conscio del fatto che vi sono altri strumenti in grado di portare a questo, persino la tanto vituperata lezione frontale, se ben preparata e gestita. E quest'ultima cosa mi rincuora in particolare visto lo stato talvolta fatiscente delle strutture informatiche all'interno di alcune nostre scuole.

Tuttavia, ritengo che lavorare con un wiki, oggigiorno, sia un'esperienza didattica eccellente, sia per gli studenti che per i docenti. Non ho remore ad ammettere che, non conoscendo se non marginalmente l'uso dei wiki prima di questa sperimentazione didattica, dopo di essa ho adottato sul mio computer un wiki (Mediwiki) in locale, che oggi uso ampiamente per l'organizzazione tanto delle cose di scuola quanto di quelle di casa.

E la stessa cosa può accadere agli studenti. Il valore non sta tanto nell'organizzarsi meglio, ma nel saper trasferire ciò che si apprende a scuola nella propria vita quotidiana, nel saper integrare i metodi di lavoro, ricerca e cooperazione, elaborazione e costruzione, analisi e sintesi, nel proprio agire quotidiano. Tutte cose che OCSE-PISA non misurerà mai, ma che, secondo me, valgono il doppio di tutte le nozioni ricevute e perse nelle nostre scuole.

Il perché del mio no alle ultime novità nella scuola

Una parentesi che mi sta a cuore e non c'entra con il web 2.0 nell'istruzione, ma con l'istruzione in Italia.

Premessa. Questa primavera, a risultati elettorali ormai sicuri, io, deluso, dicevo a un mio collega decisamente contento, che mi rassicurava almeno il fatto che avremmo visto un'ampia maggioranza parlamentare in grado di non temere il confronto con l'opposizione e di proporre riforme inderogabili come quella del mondo della scuola, ponendo fine a un immobilismo che durava da otto anni.

Non si tratta di una riforma. Riformare, dare nuova forma, formare di nuovo. Cosa? Dietro l'idea di riforma ci sta, a mio avviso, l'idea di sistema. La riforma del sistema bancario, del sistema sanitario (o della sanità), del sistema scolastico (o della scuola). Mentre si ha la riorganizzazione degli uffici scolastici, il ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, e così via per i cambiamenti locali, non globali di sistema. Tutte le innovazioni introdotte dal decreto-legge 137, tranne quelle previste dall'articolo 4, sono tali da non meritare il titolo di "riforma". Si tratta, nella sostanza, di variazioni di impatto decisamente non sistemico.

Ma l'articolo 4? L'articolo 4, quello che parla dell'insegnante unico ("unico", non "prevalente"; legga, Presidente, legga bene!), invece, mi pare abbia decisamente un'altra portata. Va a modificare completamente l'assetto della scuola primaria. Ma, ancora, non siamo a livello di riforma. Forse un pezzettino di riforma, però, sì.

Il decreto-legge 112, convertito come legge 133 6 agosto 2008, all'articolo 64, parla di "razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e strumentali" tramite: razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti; ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali; revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi; rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria; revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi; ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa.

E' qui la riforma! Mettendo insieme tutti questi obiettivi, approvati in clima balneare e da perseguirsi nell'arco di dodici mesi, si realizza una "revisione dell'attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico". Non chiamiamola riforma. Ma cos'è, in effetti se non una riforma del sistema scolastico? Una riforma a pezzetti, come spesso avviene, guidata da un obiettivo, quello specificato nel decreto-legge 112, dal titolo e dal capo a cui l'articolo 64 appartiene: "Stabilizzazione della finanza pubblica - Contenimento della spesa per il pubblico impiego". Il che vuol dire che, se il decreto-legge 137, che tanto vespaio ha sollevato, è una applicazione (e questo viene esplicitamente dichiarato) di quanto stabilito dalla legge 133, vi saranno altri decreti che proseguiranno il cammino guidato da tale legge e che si occuperanno degli altri aspetti citati sopra.

Qui motivo il mio no. Per me una riforma ha alcune caratteristiche fondamentali:
- viene proposta dopo un'accurata analisi complessiva, globale;
- viene discussa ed elaborata con i contributi di tutte i ruoli e le funzioni che appartengono al sistema;
- ha come obiettivo il miglioramento del funzionamento del sistema stesso.
L'analisi a cui la Ministra ha fatto riferimento sono statistiche. Chi s'intende di statistiche sa che ve n'è per tutti i gusti e si può produrre una statistica per giustificare una particolare tesi e una per giustificare il suo contrario. Basta scegliere gli indicatori giusti e i dati giusti. Le statistiche non sono un'analisi.
La discussione non c'è stata. Dall'approvazione della legge, il 6 agosto, alla presentazione del primo decreto-legge applicativo, 1 settembre, che confronto può esserci stato? Che contributi possono essere stati sentiti? Le motivazioni pedagogiche sono un po' come le statistiche: posso trovare ottime e condivisibili motivazioni pedagogiche per mettere in cattedra solo donne con un'età pari o superiore ai 50 anni e uomini calvi, e studiosi che si prestano a pubblicarle o che le hanno già pubblicate, e altrettanto buone e apprezzabili motivazioni pedagogiche per mettere in cattedra solo uomini con folte capigliature e donne al di sotto dei 50 anni, e altrettanto stimabili ricercatori in grado di produrre bibliografia a riguardo.
L'obiettivo non è il miglioramento del funzionamento del sistema stesso. L'obiettivo è il risparmio. Lo dice il decreto-legge 112/legge 133. E' vero, il risparmio è finalizzato a un ritorno d'investimento anche all'interno del sistema scolastico. Ma vi sono alcuni indicatori che, a mio avviso, sono molto preoccupanti sul versante "funzionamento".

87000 posti in meno, ma nessuno licenziato. Sempre il decreto-legge 112. Le alternative sono la soppressione fisica, il pensionamento forzato o qualcuno non verrà chiamato a lavorare. Nessuno verrà licenziato. Certo, i precari non si licenziano: il loro contratto scade e magari non viene rinnovato. Magari dopo dieci anni di precariato, dieci anni di servizio (servizio!), magari lontano da casa, magari viaggiando e rischiando la vita sulle strade ogni giorno, magari con l'assurda speranza che un giorno il contratto a tempo determinato possa trasformarsi a tempo indeterminato, che si possa lavorare in pace per due anni consecutivi con gli stessi alunni, programmando, dando il meglio di sé, instaurando rapporti con gli alunni. Fa bene la Ministra a dire che non è colpa sua, ma della Sinistra che li ha illusi. Bisognerebbe far notare però alla Ministra che è lo Stato (certo, durante i periodi di governo di centro-sinistra, ma anche durante i periodi di centro-destra, di poco più brevi, da quando centro-sinistra e centro-destra hanno significato in Italia) che si è servito di loro per svolgere un compito costituzionale. Che se non ci fossero stati loro, ci sarebbe stato un buco. Che hanno fatto il bene di questo Paese, loro. Ma coraggio, precario, non sarai licenziato...

Ci sono più bidelli che carabinieri. Nel decreto 112 si parla di una forte riduzione della dotazione ATA. La ragione è che "ci sono più bidelli che carabinieri". Ottimo ragionamento demagogico, ma che poco fa onore alle capacità logiche e razionali di chi lo propone. E' ovvio che ci deve essere un numero congruo di ATA e di CC rispetto ai compiti che hanno e che sono, per ora, molto differenti. Può anche darsi che gli ATA siano troppi rispetto ai compiti che svolgono, ma i Carabinieri non c'entrano nulla. Purtroppo non si legge che gli ATA, pur essendo troppi, spesso non riescono a tener dietro ai compiti che hanno. Non si legge che bisogna riqualificare gli ATA "rimasti" per dar loro gli strumenti (che spesso esistono) per svolgere meglio e più velocemente i loro compiti. Riqualificare costa. No, si legge solo della riduzione dell'organico. E allora le nostre scuole funzioneranno peggio.

Accorpare le classi di concorso per una maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti. E la flessibilità dovrebbe far funzionare quindi meglio la scuola? Oggigiorno, a livello mondiale, ogni disciplina sta continuando o iniziando a sviluppare una didattica propria, con particolari metodologie e contenuti. Laddove è richiesta specializzazione, la soluzione è la flessibilità, categoria così importante nel mondo dell'impresa? Ma la scuola non è un'impresa. Vuol dire che d'improvviso un docente che fino all'anno precedente insegnava fisica potrebbe trovarsi ad insegnare biologia. Magari ne sa anche qualcosa, di biologia, e posso testimoniare in prima persona che non è necessariamente vero. Ma di didattica della biologia (quando persino il docente di biologia magari ne è a digiuno)? Riqualificare, di nuovo, costa. E allora le nostre scuole funzioneranno peggio.

Il 30%. E' la quota di risparmio destinata alle "risorse contrattuali dirette alla valorizzazione e allo sviluppo professionale della carriera del personale della Scuola". Che vuol dire: se alla fine ci sei ancora, e pur trovandoti in una situazione peggiore, fai "qualcosa", lo Stato te lo riconosce. Bisogna capire che cos'è questo "qualcosa", come si misura il merito. Essendo noi in Italia, temo il peggio.

Eccetera. Quello che intendo dire, in definitiva, è che se l'unico criterio per riformare la scuola è quello economico, non vedo come le cose possano migliorare. E non parlo di migliorare dal punto di vista dei docenti. Il mio punto di vista è quello degli studenti: che scuola vivranno i nostri figli?

I tagli necessari. Capisco: a livello di bilancio dello Stato sono necessari tagli. Ma è anche necessaria una riforma della scuola. Si poteva cogliere l'occasione di far due cose bene invece di una bene (?) e una male. Di investire a lungo termine e non solo a breve-medio termine. Ma i nostri politici, pare, si sono abituati ad essere miopi.

giovedì 25 settembre 2008

Blog

Quest'anno ho deciso di approfondire e sperimentare l'uso didattico del blog.

Il blog, come strumento di espressione personale (meglio che "individuale") mi sembra indicato per un lavoro al di fuori dei contenuti soliti, di approfondimento e interiorizzazione dei saperi affrontati.

Tecnicamente, ho valutato il portale Scuola-ER, della mia regione, e forse con una classe proverò ad usarlo. Trovo comunque blogger più semplice e più indicato anche per la possibilità di nascondere il blog e di gestire gli utenti sia in lettura che in scrittura.

Per ora ho lanciato la cosa con una sola classe delle mie tre. Ero troppo curioso, e non potevo aspettare di rientrare dal congedo parentale che mi vedrà assente da scuola nel prossimo mese. Con le altre due classi vedrò al rientro, anche sulla base di quel che succede con la terza.

In ogni caso, il blog è nascosto, accessibile solo da me e dagli studenti della classe. Ho scritto ai genitori spiegando (come avevo fatto l'anno scorso per il wiki) le mie intenzioni e le motivazioni. Domani inizierò a lavorarci.

Essendo un lavoro personale prima di tutto, sono molto curioso di vedere quanto i ragazzi si lasceranno "prendere". Vi terrò informati.

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mercoledì 3 settembre 2008

Che aria tira

Commissione POF, in fase di programmazione.

Io, tirato in ballo dal Preside per via del sito internet della scuola, concludo dicendo: "ah, se poi a qualcuno interessasse sperimentare qualcosa nell'ambito delle applicazioni web in chiave didattica, io qualcosina l'ho studiata e sono disponibile a ragionarci insieme...".

Interviene il Preside: "Ma magari facciamo un bel corso di aggiornamento interno per i docenti a cui interessano queste cose...".

E come si fa a non star bene in una scuola così?

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Wiki in prima e seconda liceo scientifico

Tanto per tornare in attività con questo sito, aggiorno un vecchio post.

Wiki in prima e seconda. I wiki sono stati completati (quasi!) alla fine dell'anno scorso, e finalmente ho potuto rivedere i questionari di gradimento e inserirli insieme.

Quattro classi, quattro wiki. Uno sull'elettrizzazione, uno sui fulmini e due sull'equilibrio dei fluidi. Ovviamente era il pretesto per parlare un po' di elettricità e di fluidi.

Il lavoro è stato poi organizzato in questo modo:

  1. ricerca di materiali per rispondere ad alcune domande sollevate dall'osservazione di fenomeni
  2. processo di accumulo di materiali, di scrematura a gruppi, di redazione di un unico documento per ogni persona/gruppo che contenga le informazioni ritenute pertinenti, sufficienti e necessarie ad inquadrare l'argomento
  3. individuazione di parole-chiave e costruzione di una mappa concettuale
  4. suddivisione delle parole chiave e stesura di voci enciclopediche individuali sulle parole stesse
  5. popolamento del wiki con
    1. testi
    2. immagini ed elementi grafici
    3. link secondo la mappa concettuale e oltre
  6. lettura e aggiornamento reciproco tra pari delle voci enciclopediche
  7. autovalutazione degli studenti suila qualità del proprio lavoro, valutazione del docente sulla qualità del lavoro, verifica sui contenuti con questionario sul gradimento dell'attività
Da un punto di vista scientifico, questo è solo l'inizio di un percorso metodologico che dovrebbe portare alla verifica sperimentale in laboratorio delle spiegazioni trovate ai fenomeni in questione.

Per me è comunque un inizio. La cosa interessante che vorrei condividere sono i risultati del questionario sul gradimento. La domanda era:

Domanda 3:
Con l'attività sul wiki abbiamo lavorato in modo abbastanza diverso dal solito: prova a fare un bilancio di questa metodologia di lavoro pronunciandoti in particolare su:
a) serve o non serve a imparare di più (eventualmente, quale genere di cose si impara meglio e quale peggio?)
b) serve o non serve alla motivazione allo studio
c) quali aspetti di questo lavoro ti sembrano più positivi e quali più critici
d) suggerimenti, pensieri vari, idee tue sul tipo di lavoro fatto.

I risultati sono stati interessanti. I partecipanti: 73 studenti. Le risposte sono state molto libere e di diversa lunghezza, alcune aderenti alla traccia data, altre più originali. Riassumo qui i risultati.

Pro

  • apprendimento informatica (32)
  • apprendimento sulla materia (22)
  • rende leggero studiare fisica (21)
  • motivazione dal fatto che stiamo creando qualcosa (20)
  • uso di internet rivolto allo studio e all'apprendimento (14)
  • collaborazione con i compagni, anche a distanza, la classe cresce (14)
  • è diverso dal solito (13)
  • approfondimento di termini e concetti sconosciuti (10)
  • impariamo un metodo di lavoro che potrà servirci in futuro (8)
  • scambio di idee (8)
  • attenzione ai collegamenti tra concetti (8)
  • informazioni specifiche abbondanti e dettagliate (7)
  • motivazione all'uso di internet (6)
  • studiare in modo creativo e costruttivo (5)
  • si impara a collaborare (5)
  • facilita l'apprendimento teorico (5)
  • lavorando tanto sul materiale trovato e rielaborandolo si riesce a comprenderne meglio i contenuti (4)
  • il materiale cresce con l'apporto di ciascuno (4)
  • accessibile dappertutto e in qualunque momento (3)
  • interazione diretta con il prof (2)
  • rende la scuola più al passo coi tempi (2)
  • curiosità riguardo il risultato finale (2)
  • responsabilità rispetto a quello che si scrive (2)
  • si produce il proprio materiale di studio (2)
  • si può lavorare sia individualmente che in gruppo (2)
  • si migliora internet (2)
  • si impara a valutare e a modificare il lavoro proprio e degli altri (2)
  • scambio di metodi di lavoro (1)
  • motiva allo studio i ragazzi a cui piace lavorare in gruppo e confrontarsi con gli altri (1)
  • lavorare nei laboratori informatici, visto che non tutti hanno il pc a casa (1)
  • non si scrive a penna ma con una tastiera (1)
  • si impara ad esprimersi in modo pertinente (1)
  • è più facile che imparare sui libri (1)
  • costringe a leggere tutto (1)

Contro

  • difficoltà nell'accesso a internet o nell'uso di pc non troppo funzionanti (16)
  • complessità e difficoltà da un punto di vista tecnico (5)
  • talvolta i materiali trovati non erano corretti, appropriati o affidabili (4)
  • alcuni possono lavorare di più e altri di meno, il coordinamento non sempre è facile (2)
  • lavorare in aula PC distrae (2)
  • in certe fasi il lavoro diventa comunque individuale (1)
  • poco apprendimento pratico (1)
  • c'è il rischio che i materiali prodotti da qualcuno siano manipolati da qualcun altro (1)
  • si approfondisce poco la fisica (1)
  • c'è chi studia male sui PC (1)
  • l'argomento non era bello (1)
  • impari bene i tuoi contributi ma non quelli degli altri (1)
  • non c'è abbastanza tempo per assimilare i concetti (1)

Suggerimenti

  • lavorare così più spesso (30)
  • utilizzare questo metodo con altre materie o argomenti (4)
  • rendere il wiki visibile a tutti e non solo alle nostre classi (3)
  • gruppi diversi dai soliti (2)
  • costruire un social network (1)
  • costruire un sito di giochi (1)
  • migliorare lo stile grafico (1)
  • la scuola dovrebbe dare gli strumenti necessari perché tutti svolgano qualcosa del genere (1)
  • scegliere argomenti più interessanti (1)
  • mettere esercizi sul wiki (1)
  • inserire riassunti (1)
  • inserire gli appunti presi in classe (1)
  • usare anche servizi di IM (1)
Mi sembra un buon primo esperimento. Ho già qualche idea di correzioni e sterzate da dare qua e là, ma ne parlerò in un prossimo post.
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venerdì 20 giugno 2008

Aurelio

Come si può vedere dall'enorme ritardo nella pubblicazione di nuovi post, è arrivato Aurelio.

Non sto a dire che sconvolgimento, che gioia, che emozioni questo ha portato nella nostra vita.

Anche qualche interrogativo. Tanti interrogativi. Quelli pertinenti li condivido volentieri.
Ad esempio: lui sarà un "digital native" se glielo permetteremo. Che vantaggi avrà da questo, rispetto a noi "digital immigrants"?
Dovremo spingerlo verso forme di apprendimento tradizionali, che naturalmente vengono trascurate, o "puntare tutto" sulle nuove forme, o un calibrato mix?
Come aiutarlo a sfruttare le potenzialità di internet senza cadere nei suoi tranelli?
Che sinergia riusciremo a trovare con i suoi insegnanti? Che condivisione di valori?

Domande che, evidentemente, non hanno una risposta univoca, e a cui stiamo, giorno per giorno, mettendo a fuoco la nostra "risposta di famiglia". Mi sembra, però, che la vera risposta stia in una tensione, in un continuo atteggiamento di attenzione verso il problema, più che in una prescrizione decisa una volta per tutte.


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lunedì 5 maggio 2008

Qualche ritardo...

Maggio, ormai la fine dell'anno è alle porte, e con essa anche tutta una serie di piccoli o grandi impegni pseudo-burocratici.
Le verifiche da correggere, la programmazione da risistemare in modo da farci stare le ultime cose più il recupero per gli studenti che non hanno fatto nulla durante l'anno...
E in più quest'anno il dover fare tante cose un po' più da solo, in casa e comunque negli impegni extra-scolastici, per l'imminente arrivo di un nuovo, piccolo membro della famiglia.
Insomma, sto cercando di giustificare la mia assenza dal blog in questi ultimi giorni.

La domanda che mi è sorta proprio oggi è questa: come è possibile sviare l'attenzione degli studenti dal voto e indirizzarla invece all'apprendimento?
Proprio oggi, verifica di matematica, argomento "parabola". Uno studente, solitamente abbastanza polemico, dice che prenderà 4, anche se si meriterebbe 9 perché lui la parte sulla parabola l'ha fatta in venti minuti, ma, imprevisto degli imprevisti, negli esercizi c'è anche la retta e senza quella non si riesce ad andare avanti...
E tutti gli altri a fare i conti: qui prendo 4, ma avevo 7 nella precedente, quindi, prof, il 6 ce l'ho?

Togliamo i voti? Sei politico a tutti, come pare in Germania abbiano deciso di fare?
Il web 2.0 può aiutare in questa direzione? Me lo domando... Mi piacerebbe, anche se non saprei poi come buttarmici dentro senza andar contro una prassi didattica ormai secolare...

Mah! Resistiamo!

sabato 26 aprile 2008

Chi ha paura dell'informatica?

Uno dei tormentoni nel mondo della scuola di qualche anno fa era quello delle "tre i", che tanti insegnanti (me compreso) bollavano come ridicole o terrificanti.

Probabilmente ci risiamo. Quindi tanto vale che ci facciamo i conti.

Una delle tre "i" era quella dell'informatica. Perché dobbiamo averne paura o trovarla ridicola?

Parto da questo presupposto, e qui lo dico perché non voglio essere frainteso: io considero parte preponderante della mia professione di insegnante il far maturare alcuni atteggiamenti che sono chiaramente trasversali rispetto alle materie che insegno, ma che proprio attraverso queste possono essere acquisiti dagli studenti. Parlo di cose del tipo: atteggiamento critico, curiosità per la cultura, autonomia di apprendimento, consolidamento di valori universali, coerenza nel proprio comportamento rispetto a tali valori, capacità di ascolto, collaborazione, interazione gerarchica... Cosette del genere. E ho usato l'aggettivo "preponderante" per indicare che faccio parte di una scuola di pensiero per cui se uno studente arriva a maturare questi atteggiamenti ma non è in grado di integrare una funzione razionale, sono molto contento ugualmente. Magari non posso dargli una valutazione troppo elevata, ma lo studente saprà comunque di avere la mia stima.

Bene. Partendo da questo presupposto, perché non mi spaventa la "i" di informatica? Effettivamente non sono convinto dell'assoluta utilità dell'informatica nell'apprendimento della matematica e della fisica: sono un po' tradizionalista da questo punto di vista. Però sono convinto di poter usare l'informatica per costruire atteggiamento critico, curiosità per la cultura, eccetera eccetera.

Paradossalmente, sponsorizzare un'avanzata in forze dell'informatica nella scuola può certamente significare il prevalere di un'istruzione tecnicista, contenutista e orientata al lavoro più che allo sviluppo della persona, ma anche il suo contrario. Tranquillamente. Come al solito, le riforme viaggiano con le gambe di chi ci lavora dentro, gli strumenti sono ambivalenti. Se gli studenti faranno meno ore "culturali", se incontreranno gli insegnanti giusti, faranno invece più ore in cui la cultura passa per mezzi più moderni. E forse gli studenti ne saranno addirittura più attratti.

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giovedì 17 aprile 2008

Wiki, didattica e valutazione

Come ho già scritto in un post precedente, ho deciso di sperimentare l'uso didattico di un wiki con le mie quattro classi del biennio.

Quest'esperienza, che sta procedendo con qualche fatica ma, per ora, in modo abbastanza soddisfacente, mi sta insegnando molto. Prima di tutto mi ricorda che il wiki è uno strumento. E' facile trovare colleghi talmente innamorati del mezzo tecnologico da perdere di vista la sua finalità. Ecco, il wiki è uno strumento al servizio della didattica.

Questo, per me, significa che più del suo utilizzo (che pure ha alcuni aspetti educativi e di pregio, in ambito scolastico), conta il lavoro al contorno. La preparazione dei testi e dei materiali, la costruzione della rete concettuale, l'organizzazione del lavoro, la puntualità, l'accuratezza: sono questi, secondo me, aspetti che devono passare nel lavoro con un wiki, sono forse addirittura gli indicatori per la valutazione del lavoro svolto.

Se il nostro orientamento è quello di aiutare i nostri studenti ad apprendere come apprendere (non è un errore la ripetizione), è bene che forniamo loro metodi di lavoro, che li guidiamo senza sottrarli all'impegno necessario. Per questo credo che un lavoro su un wiki ben organizzato sia necessario perché gli studenti traggano vantaggio non solo nell'apprendimento dell'argomento di cui il wiki tratta, ma anche e soprattutto nella riflessione metodologica sugli strumenti per l'apprendimento collaborativo e tecnologico.

La pubblicazione del wiki non termina l'attività. La fase di pubblicazione "interna" deve condurre anche a momenti di miglioramento del prodotto finito, prima della eventuale pubblicazione "esterna". Quindi tutti gli studenti devono percorrere in lungo e in largo la rete concettuale rappresentata nel wiki, essere in grado di intervenire in modo migliorativo ed incrementale su contenuti già inseriti da altri o suggerendo agli autori stessi possibilità di cambiamenti più radicali, che gli autori devono essere a loro volta in grado di accogliere o rifiutare con motivazioni.

Chiedevo a Talia in una risposta data a un suo post qualche suggerimento su come valutare nel campo dell'e-learning usato in classe. Non voglio essere pigro e provo a dare un contributo nonostante la cosa mi trovi abbastanza confuso e certamente non esperto. Mi pare di poter dire che il wiki in sé è invalutabile. Nel senso che è un prodotto collettivo ed è impossibile dare valutazioni parziali ai contributi individuali. Cosa è però possibile valutare?

  1. nella fase iniziale (pre-wiki): la partecipazione, la qualità e la quantità delle informazioni reperite, la puntualità, il rispetto delle consegne
  2. nella fase di pubblicazione: la cura della presentazione dei contenuti e dei link tra le diverse pagine
  3. nella fase finale (post-wiki): il livello di interazione e di comprensione dimostrata nelle discussioni sulle possibili varianti e correzioni, la riflessione metodologica e metadisciplinare sull'attività svolta
  4. nella fase sommativa (extra-wiki): l'apprendimento specifico sull'argomento dimostrato in una verifica apposita.

Di queste quattro fasi, le prime due mi sembrano addirittura suscettibili di autovalutazione da parte degli studenti, o di valutazione tra pari, mentre le ultime due sono più tradizionali e richiedono lo sguardo esperto e competente del docente. Il modo di organizzare l'autovalutazione o la valutazione tra pari dipende, secondo me, profondamente dall'età e dalla maturità degli studenti. Può essere una griglia anonima in cui ogni studente assegna un gradimento all'indicatore corrispondente per se stesso e per i compagni, oppure una classifica a punti. Attenzione dev'essere fatta affinché la valutazione sia specifica, magari anche motivata, sulle attività svolte, e solo degli aspetti contenuti negli indicatori tenga conto. Per questo magari può limitarsi ad un'autovalutazione e a una valutazione dei compagni di classe appartenenti al gruppo di lavoro, oppure degli appartenenti a un sottinsieme della classe su cui il valutante è in grado di esprimersi.

Ritengo sia importante che, in un'attività collaborativa come questa
non siano solo i contenuti ad essere valutati
non sia solo il docente a valutare.

Ritengo ancor più utile, per un docente, poter sperimentare, anche solo una tantum, un'attività in cui i livelli di analisi e di valutazione debbano necessariamente essere complessi. Serve alla motivazione, aiuta a ricentrare i propri obiettivi e le proprie aspettative, apre la mente, costringe a riflettere. In una parola, fa bene alla salute.
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mercoledì 16 aprile 2008

Da dove partire?

Mi immagino un collega ipotetico che si è lasciato incuriosire dal "sentito dire" e vorrebbe capire che cosa la tecnologia può fare per lui o per lei. Da dove può iniziare?

  1. Prima di tutto, una buona conoscenza dell'inglese non fa male, visto che la maggior parte dei servizi, almeno di quelli più recenti, non hanno (ancora) interfacce in italiano.
  2. Trovare un collega un po' più esperto che sia in grado di fare da "tutor", sappia consigliare, indirizzare, supportare tecnicamente.
  3. Passare qualche ora su internet cercando, lasciandosi trasportare dai link, magari iniziando con una ricerca su Web 2.0 o su tecnologie in didattica.
  4. Iscriversi a qualche comunità online, magari orientata alla didattica o alle tecnologie in didattica, e partecipare alle discussioni.
  5. Provare i vari servizi che più lo incuriosiscono, creando l'account necessario. Ad esempio, aprire un blog, creare un wiki, fare del social bookmarking, crearsi una rete di contatti...
  6. Individuare un semplice progetto didattico in cui sperimentare, e decidere quale può essere il servizio Web 2.0 che più si attaglia al progetto scelto. Il confronto con esperti del settore può essere utile ad operare una scelta più mirata.
  7. Se gli studenti sono abbastanza maturi ed esperti, ci si può far aiutare da loro nello scoprire ed utilizzare le caratteristiche dello strumento scelto nel corso del lavoro sul progetto.
  8. Verificare i risultati in termini di apprendimento, di partecipazione, di qualunque altro indicatore di valutazione si ritenga importante per l'attività scelta. Forse per i primi esperimenti una vera e propria griglia deve essere molto flessibile o addirittura costruita in itinere.
  9. Condividere i risultati e le riflessioni con la propria rete di contatti e con i propri colleghi in istituto.
  10. Se possibile, continuare a ripetere questi stessi punti, magari insieme a qualcun altro, o diventando lui stesso tutor di un collega.
Questo è un po' quello che sta capitando a me, un po' quello che vorrei che potesse succedere nella mia scuola.



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martedì 15 aprile 2008

Elearning in classe e stili cognitivi

Talia Carbis ha un interessante blog con tante risorse per chi usa Moodle.

In uno dei suoi diversi interessanti post, Talia spiega come l'e-learning possa con successo essere usato in classe. In classe, non solo per apprendere a distanza, come invece il termine e-learning spesso viene tradotto.

L'argomentazione che Talia dà di queste opportunità (che non sto a citare, basta andare al suo sito e si trovano qui), si basa su qualcosa che tanto spesso io, e penso non solo io, dimentico: ogni persona apprende in modo diverso. Se leggete il post, vi rendete conto che Carbis pensa e scrive in termini di persone che apprendono visivamente, auditivamente, cinesteticamente... Sulla base, cioè, di una classificazione propria di alcune teorie dell'apprendimento, che parlano di tre stili principali: quello visivo, quello auditivo e quello cinestesico.

Al di là delle teorie, che secondo me in questo ambito lasciano abbastanza il tempo che trovano, nel senso che ogni autore ha le proprie, spesso in contrasto o non del tutto armonizzabili con quelle del vicino di studi, credo che l'attenzione sugli stili cognitivi e di apprendimento dei nostri studenti sia un'attenzione che raramente facciamo la fatica di avere, e che invece risparmierebbe ai nostri studenti, e quindi a noi stessi, tanta fatica che invece facciamo nel lavoro quotidiano.

Detto questo, credo che abbia ragione Talia: la multimedialità, le potenzialità di internet e dell'e-learning possono essere utili per ogni stile cognitivo e facilitare il lavoro di tutti, se usate bene. Il problema è, come al solito, abituarsi...

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lunedì 14 aprile 2008

Comunità di apprendimento

Nel blog TEN di Sarah Weisz, si trova un post che ha suscitato alcune riflessioni. Building professional learning communities semplicemente segnala un'idea di Will Richardson sul fatto che molti insegnanti non percepiscano come la tecnologia possa facilitare l'apprendimento, e invita a partecipare a un gruppo di discussione aperto su TEN da un membro.

E' davvero così? Molti insegnanti non si rendono conto delle potenzialità?

Mi sembra di poter essere d'accordo, anche se le cose forse stanno cambiando. La fatica che si fa nel tentare di introdurre le tecnologie nella didattica sono certamente grandi. Quali sono gli ostacoli?

  • Gli insegnanti si sentono impreparati nell'uso dei computer (e probabilmente molti li sono davvero);
  • gli insegnanti si sentono impreparati nell'uso didattico dell'informatica (e certamente molti li sono davvero);
  • gli insegnanti avvertono l'introduzione della tecnologia come qualcosa "in più" da fare, non come un modo diverso di procedere;
  • gli insegnanti non hanno idea di quel che si può fare con la tecnologia, anche perché non la conoscono e non la frequentano;
  • gli insegnanti sono concentrati su un programma da finire, su competenze che gli studenti devono raggiungere (per tradizione o per poter superare l'esame di stato) e non hanno tempo e voglia di provare qualcosa di nuovo;
  • gli insegnanti non hanno voglia di provare qualcosa di nuovo;
  • gli insegnanti non hanno voglia.
Io credo che il primo passo sia quello di mostrare ai docenti che è possibile fare qualcosa. Mostrare prodotti finiti, anche se non di eccelsa qualità, per far vedere di cosa si sta parlando. Credo che spetti ai curiosi, a quelli come me, ad esempio, fare da apripista perché poi nei nostri istituti si sperimenti qualcosa di nuovo, se ne vale la pena.

E sottolineo questo elemento di prudenza: se ne vale la pena. Sperimentare è sempre un po' sulla pelle dei nostri studenti; non vuol dire andare allo sbaraglio, e soprattutto vuol dire avere l'onestà intellettuale di riconoscere quando un'esperienza non ha funzionato.

Io sto cercando di fare qualcosa. Il progetto sta procedendo, anche se, tra elezioni e laboratori da inaugurare, abbiamo rallentato un po'. Ormai siamo però alla pubblicazione dei wiki...
Sto usando un wiki anche per preparare un progetto di educazione ambientale in collaborazione con scuole vicine. Vediamo come funziona. Se non altro, qualche persona in più scoprirà che esistono i blog.
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domenica 13 aprile 2008

Visitatori

Sul sito di Jon Becker c'è un dibattito (non particolarmente appassionante) che mi ha provocato una riflessione.

Il perché di questo blog? Non lo so esattamente.

Prima di tutto, la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo e di sondarne le possibilità.
Poi, mi pare, la possibilità di esprimermi, indipendentemente dall'audience.
Forse, poi, anche la speranza di entrare in contatto con persone con cui condivido esperienze anche se non le conosco direttamente.

Poi ho riscoperto anche, e forse il valore di questa scoperta è maggiore oggi delle altre tre motivazioni, che per comunicare qualcosa occorre averla chiara in mente, o almeno porsi degli interrogativi chiari su di essa.
Questo credo che sia il vero valore di questo blog per me, al di là di quante persone lo leggono e lo trovano utile, o di quante addirittura rispondono.
Tutto quel che viene in più è un bel regalo, una sorpresa.

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venerdì 11 aprile 2008

L'OCSE e la scuola

L'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - OECD in inglese) ha realizzato nel 2001 e poi più recentemente rivisitato un documento piuttosto importante perché delinea possibili scenari futuri nello sviluppo della scuola.

Gli scenari individuati sono sei, catalogati in tre diverse categorie: "Status quo", "Re-schooling" e "De-schooling".

Ognuno ovviamente è libero di farsi le idee che preferisce e sostenerle. Da una rapida occhiata sulla rete mi pare che il modello del de-schooling sia particolarmente apprezzato in ambito USA.

Personalmente mi trovo più a mio agio pensando a un re-schooling, anche se sono consapevole che l'esito che si avrà dipenderà localmente da tanti fattori e sarà probabilmente un ibrido tra i vari scenari proposti.

Il modello dello Status quo mi sembra invece inevitabilmente la nostra condanna italiana, tra mezze riforme compiute da un governo e puntualmente cancellate dal governo successivo...

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lunedì 7 aprile 2008

I 100 strumenti migliori

Jane Hart, del Centre for Learning & Performance Technologies realizza un servizio interessante: compone una lista dei cento migliori strumenti 2.0 per l'apprendimento, votati da un certo numero di specialisti.

Vale la pena visitare la lista, visto che si possono trovare cose nuove da sperimentare.

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I miei insegnanti

Il blog di John Otterstedt è ricco di parole che ricordano persone che hanno costituito un'ispirazione per l'autore.

Non mi piacciono tanto questi sbrodolii elogiativi, specialmente perché talvolta nascondono (o evidenziano) secondi intenti o li lasciano presupporre ai dietrologi.

Siccome però questo blog mi ha fatto pensare a quali sono le figure educative, i professori, che hanno segnato la mia crescita e forse anche hanno aiutato ad orientare la mia professione, e siccome non credo proprio che nessuno dei citati verrà mai a saperlo, mi lancio anch'io, come esercizio di memoria e gratitudine, in quest'impresa.

Prima di tutto, la mia maestra, Franca Brozzi. Una maestra come quelle di un tempo, materna, giusta, qualche volta severa, abbastanza giovane e moderna da capire che eravamo bambini di città e farci quindi provare i sapori della campagna, abbastanza all'antica dall'insegnarci l'italiano e la matematica come si deve. Ci ha lasciati qualche anno fa, ma nella mia vecchia stanza a casa dei miei, su una mensola, c'è la sua foto che mi saluta ogni volta che torno.

Alle medie: Ugo Nasuti, professore di educazione tecnica, che ci ha introdotti alla severità, alla precisione, alla puntualità; Franco Alfonsi, professore di educazione artistica, che ci ha fatto conoscere qualsiasi forma di arte mettendoci in mano gli strumenti per realizzarla.

Alle superiori: da qui in poi devo stare attento, perché alcuni di costoro sono stati o possono diventare miei colleghi, o comunque sono ancora in attività e potrebbero capitare da queste parti. Giovanni Bandieri mi ha fatto apprezzare il latino; Margherita Cassi qualche piccolo sprazzo di storia (e non era impresa semplice). Giannina Silva e Maria Teresa Pastorelli, con i loro metodi completamente diversi, i caratteri forse opposti, mi hanno fatto amare l'inglese, e dico amare. Il caro e compianto Gaetano Storiales il discorrere insieme di filosofia. Piera Berneri ci ha insegnato la letteratura italiana come qualcosa da scoprire, su cui lavorare e usare rigore e creatività; ci ha fatti sentire grandi.

All'università: Giulio Lugarini, senz'altro il migliore docente che mi sia capitato di incontrare, chiaro, preciso, lucido ed esigente. Vittorio Amar, anche lui eccezionale per chiarezza e precisione. Mario Casartelli, rigoroso, velocissimo, ma umano. Claudio Orzalesi, che ho avuto la fortuna di incontrare nella sua breve ultima parentesi di insegnamento, con un corso molto interessante e ben pensato. Il mio relatore, Massimo Pauri, di cui ricordo l'umanità, la classe, l'enorme cultura e preparazione.

Poi ci sono i docenti della SSIS e anche tanti... diciamo alcuni miei colleghi che costituiscono una fonte di ispirazione. Ma di questi non voglio parlare.

In che misura sono stati un'ispirazione? Non lo so, come si fa a quantificare? Certamente ricordando i loro nomi vedo di ciascuno un qualche aspetto che mi piacerebbe poter imitare o integrare nel mio modo di fare il mio mestiere.

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giovedì 3 aprile 2008

Il mio mestiere

Un post che mi sento di fare oggi riguarda un incontro avuto con alcuni studenti delle classi quinte della mia scuola (ma nessuno è uno studente delle mie classi), nell'ambito di un progetto rivolto alle cosiddette "eccellenze". Qualcosa che mi ha toccato.

La mia cara ed eccellente collega di italiano fa un po' di scena, impersonando la tipica docente che ha come impegno contrattuale quello di trasmettere dei saperi, punto e basta. La sua tesi: di simili docenti non c'è bisogno. Gli studenti sono in difficoltà cercando di mostrare invece che dei prof c'è bisogno. Uno dice che partecipano alla crescita dei loro alunni. Un'altra ribalta la questione: perché noi tre (c'era anche il collega di filosofia) facciamo gli insegnanti? La collega di italiano mi passa la palla.

La mia risposta è più o meno letteralmente questa.

"Mi è capitato nei giorni scorsi, girovagando per internet, di imbattermi nel sito di una collega indiana che non dice «insegnare la matematica», ma «insegnare a imparare la matematica». Ecco, io penso che uno dei regali più grandi e belli che si possano fare a dei giovani, forse il più grande e bello, è quello di insegnar loro ad apprendere. Ed ecco spiegato il mio mestiere".

Lo dico ormai sulla soglia della classe, poi me ne vado per non perdere il treno.

Però ci ripenso e continuo a ripensarci. Come aprire una finestra in una stanza che spesso rimane chiusa: la polvere vola via e i colori tornano a splendere.

Non so se ci siano mestieri più brutti di altri. Ma certamente non ce n'è uno più bello del mio: fare a dei giovani (e vedo i loro volti davanti a me) il più bello dei regali.

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martedì 1 aprile 2008

Lettera ai genitori

Oggi ho presentato al mio DS (e alla coordinatrice del Liceo) la lettera che ho intenzione di mandare ai genitori dei miei alunni del biennio, per spiegare cosa stiamo facendo su internet e cosa faremo nelle prossime settimane.

La necessità sorge dal fatto che per usare il wiki che ho intenzione di gestire con i miei studenti, su wikidot.com, è necessario creare un account con posta elettronica. Siccome la scuola non è dotata di questo servizio (per ora), probabilmente dovremo attivare degli account "esterni" (non so, gmail o yahoo) per gli studenti che non hanno già un indirizzo personale.

Ne ho allora approfittato per un momento di correttezza e trasparenza, viste anche i numerosi riferimenti su internet a procedure di questo tipo quando si tratta di far accedere dei minori a servizi internet.

Credo che sia anche un buon modo per coinvolgere i genitori, e per motivare i ragazzi ancora di più, visto che i loro genitori avranno modo di apprezzare i loro lavori (sempreché i figli li lascino accedere...).

Vedremo cosa succede. A proposito... devo ancora spiegare cosa sto facendo: in un prossimo post rimedierò.

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domenica 30 marzo 2008

Genitori

Su Classroom 2.0 si stanno aprendo alcune discussioni su come gestire le preoccupazioni dei genitori rispetto all'uso di internet da parte dei loro figli.

Pare che negli States alcuni genitori (specialmente di studenti più piccoli, a livello di scuola elementare) siano preoccupati che l'uso di internet possa in qualche modo esporre i propri figli a rischi.

Le risposte che leggo sono abbastanza ottimistiche: gli insegnanti coinvolti sembrano convinti che prima o poi i genitori arriveranno a capire che comunque i loro figli sono esposti a rischi, e quindi il fatto di essere educati a vivere in modo responsabile ed etico la rete sia comunque meglio che finirvi dentro completamente sprovveduti.

Un'interessante linea di condotta è quella di cercare di coinvolgere il più possibile i genitori nell'uso di internet insieme ai loro figli. Credo che questo vada nella stessa direzione detta prima: internet è come qualunque altro posto in cui i ragazzi possono recarsi e gli adulti dovrebbero accompagnarli fino a quando i secondi non hanno una ragionevole sicurezza dell'autonomia dei primi.

Mi sembra comunque un punto importante: i genitori devono essere a conoscenza dell'uso che si fa di internet e di quali misure di sicurezza e di protezione della privacy vengono adottate durante queste operazioni a scuola, di quali compiti vengono assegnati ai loro figli a casa e quali strumenti web venga loro richiesto di usare. L'informazione può essere, a mio avviso, tanto più efficace quanto vi sia coinvolgimento dei genitori stessi nelle attività, o, almeno, apertura: se non è possibile cooperare direttamente con loro, almeno si mostri loro il risultato del lavoro dei loro figli. Un intervento su uno dei forum mi ha fatto sorridere: pensa al frigorifero! Cosa appendono orgogliosamente sullo sportello del frigorifero? I capolavori artistici dei loro bambini. Poter vedere e mostrare che un pezzettino di internet porta la firma di loro figlio, o della sua classe, non può essere motivo di altrettanto orgoglio?

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venerdì 28 marzo 2008

Fisica su Classroom 2.0

Su Classroom 2.0 si è aperta una discussione interessante su quali strumenti Web 2.0 possano essere più indicati per l'insegnamento della fisica.
Chi volesse seguirla, la può trovare qui.

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Moodle in seconda liceo scientifico

Già l'estate scorsa avevo installato Moodle sul mio dominio personale, per vedere come funziona e se vi sono potenzialità per il suo utilizzo a scuola.
Quest'anno ho provato a sfruttarlo con il mio biennio PNI. Devo dire che i ragazzi non si trovano male.

Ora, con la fine dell'anno e con gli sviluppi dei miei interessi sul web 2.0, ho deciso di spingere un po' di più sull'acceleratore. Ho iniziato due attività nelle mie due seconde che richiedono l'uso dei forum di moodle. Le due attività sono molto simili, cambia solo il tema (e nemmeno tanto, visto che entrambe le attività riguardano l'elettrostatica).

  • Una fase di introduzione in classe: visualizzazione di un fenomeno fisico (elettrizzazione di una biro strofinata, attrazione su pezzettini di carta).
  • Formulazione di possibili spiegazioni da parte degli studenti.
  • Formulazione di domande "cruciali" da parte del docente per permettere di verificare o falsificare le spiegazioni degli studenti.
  • Fase di ricerca su internet delle risposte alle domande cruciali; le risposte vengono "postate" sul forum apposito di Moodle.
  • Il docente riordina sommariamente i materiali trovati, eliminando ripetizioni ma senza operare altre scelte.

Fin qui siamo arrivati. La mole di informazioni trovate è stata davvero grande. Mi sono reso conto, però, che uno strumento come un wiki sarebbe effettivamente più adatto per un tipo di lavoro di questo genere.
Le fasi che potrebbero seguire:
  • Lavoro personale sul file complessivo, in modo da ottenere un sunto personalizzato per ogni studente.
  • La creazione di una rubrica-glossario (o di un wiki) sulla base delle informazioni già trovate.
  • Il confronto in laboratorio con altri fenomeni dello stesso tipo; che spiegazione si può dare?
  • Meta: riflessione sul tipo di lavoro compiuto, sugli strumenti usati, sull'apprendimento ottenuto.

Cercherò di aggiornare il blog con l'avanzare dei lavori.
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Tradurre?

Mi sono chiesto se valga la pena fare una versione in lingua inglese di questo blog.

Probabilmente sì, visto che finora sono riuscito a trovare contatti solo di colleghi all'estero.
Ho quindi deciso di provarci... piano piano ho iniziato quindi a lavorare alla traduzione.

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martedì 25 marzo 2008

Si riprende

Le vacanze di Pasqua sono finite, domani riprendo (e alla grande: 4 consigli di classe in fila!).

Mi sono ripromesso di lavorare con i miei studenti in laboratorio di informatica. Vedemo cosa riuscirò a fare. Certamente le riflessioni delle ultime settimane, catalizzate dall'avere aperto questo blog, mi hanno aperto un mondo.

Sul mio moodle per le mie seconde ho postato queste domande:

In cosa la tecnologia di internet può aiutarti a imparare meglio?
Quali servizi offerti da internet conosci?
Quali di questi servizi possono essere utili per imparare, anche a scuola?

Spero che mi rispondano e che mi diano qualche spunto interessante... Intanto, buona ripresa!

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lunedì 24 marzo 2008

Mappe concettuali

Non le ho mai usate, perlomeno chiamandole così. Probabilmente si tratta della mia idiosincrasia verso le "mode" didattiche.

Ovviamente alla lavagna mi capita spessissimo di fare schemi che legano concetti in modo grafico, che organizzano i contenuti già incontrati e quelli ancora da affrontare secondo una certa logica (talvolta anche secondo diverse logiche contemporaneamente).

Nel blog di Kim Pericles si trova un post entusiastico su un nuovo servizio internet, chiamato mind42.com (in fase sperimentale "public beta") che permette di realizzare mappe concettuali interattive e collaborative da includere poi, eventualmente, in blog o altre presentazioni multimediali.

Vi è anche il link al suo sito didattico in cui mostra il servizio "in azione": una mappa concettuale sui disastri naturali, che, tra l'altro, io trovo piuttosto opinabile dal punto di vista logico e classificatorio... Questa è una delle mie perplessità non tanto sullo strumento "mappa concettuale", quanto piuttosto sul suo uso didattico "spensierato" che tanti propongono: è molto difficile trovare un punto di discrimine tra la libertà di organizzazione logica delle informazioni legata alle diverse facoltà e modalità cognitive di ogni persona, e l'anarchia logica che invece, soprattutto in certe discipline come quelle scientifiche, è da evitarsi: certi legami logici tra concetti esistono e vanno colti come sono.



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sabato 22 marzo 2008

Del.icio.us

Del.icio.us è un servizio di social bookmarking. In pratica mette insieme i "preferiti" di tutti gli iscritti, li ricombina, ne fa statistiche... disegna una mappa di internet basata sulle preferenze di coloro che contribuiscono.

Nel blog di Patricia Donaghy è presente un bello screencast (in realtà, visto uno, ne salta fuori un'altra dozzina) su come costruire una rete di contatti e ampliare la propria sitografia tramite del.icio.us.

In pratica cosa succede? Succede che ogni volta che segnalo un sito come preferito, questo viene aggiunto alla mia pagina. Quando guardo questa pagina vedo la lista dei miei siti preferiti, ma vedo anche che, ad esempio, il tal sito è il preferito anche di altre 20 persone. Non solo: di ciascuna delle venti persone posso vedere i preferiti e come li ha organizzati. Magari scopro che un tale ha gli stessi gusti che ho io, ha tra i suoi preferiti alcuni dei siti che conosco anch'io, ma sicuramente tanti altri che io non ho ancora visto. In questo modo sfrutto l'esperienza di qualcun altro che ha i miei stessi interessi per non navigare a caso.

Posso anche aggiungere questa persona al mio network. Se guardo la pagina del mio network vedo i nomi di coloro che ho scelto come "vicini di interessi", ma vedo anche tutti i loro preferiti, dai più recenti ai meno. Posso anche essre utile ai membri del mio network: quando scopro un sito che magari non mi interessa direttamente (se mi interessa direttamente lo inserisco tra i miei preferiti e i miei compagni di network lo vedranno comunque), ma che so che potrebbe interessare a qualcuno del mio network, posso segnalarglielo direttamente tramite del.icio.us.

Affascinato da questa cosa, ho subito provato. Dal primo dei miei "preferiti" sono scaturiti i miei primi tre membri di network e altri tre preferiti da aggiungere... Mi sembra un metodo abbastanza proficuo e che fa risparmiare parecchio tempo.

Pensiamolo applicato in classe, ad esempio nel corso della ricerca di risorse online. Gli studenti di una classe riescono in questo modo ad ottimizzare i tempi (ovviamente se sufficientemente motivati) e a crearsi ciascuno una rete di indirizzi all'interno della quale poi faranno l'ordine, e della quale l'uso, che vorranno.

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Auguri

Niente di troppo didattico. "Solo" tanti auguri di una buona Pasqua.

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Una rubrica dei siti educativi


Patricia Donaghy, redattrice di un blog molto interessante in cui segnala varie applicazioni utili per il web didattico, mi ha scritto segnalandomi una rubrica di blog riguardanti l'educazione e l'istruzione.

Ho ovviamente aderito a Edubloggerdir con il primo blog italiano della rubrica, Il deserto dei tartari 2.0.

Sto facendo un gran lavoro in questi giorni nel tentativo di mettere in rete quante più informazioni possibile. E' vero che riordinare le idee per conto mio è importante, ma due teste sono pur sempre meglio di una!

venerdì 21 marzo 2008

Stare al mondo oggi

Il "nozionismo" è un "ismo" che rischia sempre di affliggere la scuola italiana, così compartimentalizzata tra materie e individualismi.

La risposta che ho solitamente sentito dare a questo rischio è che compito della scuola non è tanto fornire agli studenti dei saperi "pronti", delle nozioni da usare o da spendere immediatamente o nel futuro del lavoro, ma piuttosto dei criteri, delle chiavi di lettura, dei metodi per interpretare il mondo in cui essi vivono. Quello che, in altre parole, l'amico Pier Ezio chiamava "saper stare al mondo".

Una versione un po' più "bilanciata" è quella del mio D.S.: fornire agli studenti una serie di saperi e sufficienti competenze perché ogni studente possa costruire, in mezzo a tanti saperi (plurali) il proprio sapere. Qui il peso della "nozione" è un po' rivalutato rispetto alla versione precedente, ma la rielaborazione personale e i criteri interpretativi hanno sempre il ruolo centrale di collante e il potenziale introiettivo.

Senza scendere nel pragmatismo tipico dell'approccio statunitense/anglosassone, credo anch'io che i saperi, le nozioni che la scuola debba fornire agli studenti non possano essere slegate dal mondo in cui gli studenti stessi operano. Non si tratta di dar loro qualcosa di "utile", ma di dar loro qualcosa di "contestualizzabile", perché, a mio avviso, solo in questo modo le nozioni possono diventare parte di un patrimonio personale. Prendiamo il latino: l'utilità (che gli studenti sempre domandano) è molto relativa: ci sono molte cose che potrebbero essere più "utili" (ma a cosa?) di cinque anni di latino, visto che le ore di insegnamento sono poche e bisogna fare delle scelte. Anche qui bisognerebbe distinguere in diversi livelli di utilità.

Lasciamo stare questo criterio: io credo che il latino valga la pena di essere insegnato ed appreso perché è "contestualizzabile", nella lingua parlata italiana, nella lingua franca internazionale, nelle strutture linguistiche di altre lingue, nelle regole logiche, oltre che nella letteratura latina e di tanti altri Paesi in tanti altri tempi, nell'arte, nelle scienze... Nel mondo di oggi, conoscere il latino può permettere di decodificare grandi quantità di informazioni di valore e di portata praticamente universale.

E questo vale per tante delle discipline che oggi troviamo nelle nostre scuole.

C'è un però. E il però è che tante discipline non nascono "contestualizzate". Il latino, per rimanere nello stesso esempio, può rimanere uno sterile gioco di regole mnemoniche, un esercizio di traduzione di brani senza contenuto, una lingua morta di nessun interesse. Perché questo? Perché manca il contesto in cui la disciplina prenda un significato. Il contesto non deve per forza essere unico: ogni studente può costruirsi il suo, ma è importante che ci sia, perché è all'interno di questo contesto che si sviluppa la motivazione che ciascuno dà al proprio apprendimento.

Per fare questo, l'insegnante deve conoscere il mondo in cui gli studenti vivono, deve viverlo in parte lui stesso, deve apprezzarne le potenzialità e i rischi. In altre parole, deve entrarvi, forse addirittura esservi di casa.

Ecco perché, secondo me, non è pensabile che l'insegnante di oggi ignori il mondo di internet. Perché sempre più studenti, sempre più studenti dei suoi, lo considerano parte del proprio orizzonte. E finché internet era semplicemente una fonte di informazioni, poteva anche essere messo in secondo piano, ma ora che esso si sta proponendo come luogo di interazione, di scambio ed elaborazione di idee e di contenuti, potrebbe per tanti adolescenti diventare un luogo di importanza primaria per la costruzione della propria identità e dei propri saperi.

Non ho idea di come procederà questa cosiddetta rivoluzione del Web 2.0. Sono certo che, almeno potenzialmente, sia qualcosa di grosso. Il fatto che da noi in Italia non sia ancora esploso nella sua potenza non significa che non lo farà a breve, ma dà a noi insegnanti un po' di tempo in più per aggiornarci e recuperare il nostro svantaggio. E' possibile si tratti di una bolla che si sgonferà in breve tempo. Ma è anche possibile che si tratti di una tigre che o impareremo a cavalcare o ci metterà in seria difficoltà. Cosa ci conviene fare?

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Screencast

Ieri ho scoperto il sito di un certo Hans Feldmeier, che gira il web alla ricerca di siti e applicativi interessanti.

Tra le altre cose ho visto servizi interessanti per slideshows e mappe concettuali. Una cosa che mi ha incuriosito particolarmente è un servizio che offre la registrazione e l'archiviazione di screencast direttamente dal computer dell'utente.

Cos'è uno screencast? E' un filmato, una ripresa di ciò che avviene sullo schermo del computer di chi lo produce, magari con tanto di audio di commento. A cosa può servire? Ad esempio, gli screencast vengono usati dai produttori di software o di sistemi operativi per mostrare in modo semplice ma efficace come si installa, come si usa... il prodotto di cui si tratta.

In campo educativo? Oltre ad usarlo per illustrare le funzionalità del sito didattico, ad esempio, immagino i filmati che è possibile fare con Cabri o Geogebra, ad esempio: creo una costruzione geometrica, la commento al microfono e intanto registro il tutto in uno screencast che poi allegherò al mio sito didattico in modo da rendere più semplice agli studenti la riproduzione del compito. Usando lo schermo come lavagna, lo screencast può servire a pubblicare sulla rete ciò che avviene sulla lavagna.

Insieme al servizio di podcast (che invece può essere usato per delle vere e proprie lezioni), per cui invece è necessaria una videocamera digitale per registrare, quello di screencast può essere una tecnica interessante per fornire contenuti in modo più vivace e "tecnologico".

Avendo un sistema operativo Linux, ho trovato un pacchetto carino per realizzare screencast: XVidCap. Chissà se riuscirò in breve tempo a realizzare un breve screencast dimostrativo da postare...

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mercoledì 19 marzo 2008

Insegnare o...?

Interessante questione linguistica.

Dunque, prima di tutto sia chiaro che considero ridicole le mode terminologiche che ci affliggono, in modo particolare nel mondo della scuola italiana. La scuola elementare non cambia solo perché adesso si chiama primaria, e così via.

Però le parole dicono anche il pensiero di chi le usa, fortunatamente. Nel post di RashKath nel blog educatorslogin, un blog di insegnanti indiani, si trova un paio di volte questa associazione "teaching learning". Ad esempio, l'autrice afferma "I am exploring new strategies for teaching learning mathematics". Un plauso a lei, un plauso per "mathematics" all'inglese o alla francese, al plurale e non, come diciamo noi, "matematica" e gli statunitensi "math" al singolare. Un plauso soprattutto per questo modo di dire: "teaching learning mathematics". Lei non insegna la matematica: lei insegna ad apprendere la matematica.

Oddio, è chiaro che se io ti insegno ad apprendere la matematica, intanto che io ti insegno ad apprendere, tu apprendi ad apprendere la matematica, ma apprendi anche la matematica. I classici due piccioni con una fava. Con il valore aggiuntivo che tu, una volta che io non ci sono più, sei comunque in grado di apprendere la matematica...

Secondo me vale la pena rifletterci. E vale la pena anche perché i processi di apprendimento, a differenza della matematica dei nostri imbalsamati programmi, cambiano col passare del tempo...

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366photos

Girovagando per il mondo web mi sono imbattuto in un gruppo di Flickr (che è una community di photo sharing online che ormai sta sfidando YouTube anche sul versante video) chiamato 366photos.

L'idea è (era, ormai è già partita) quella di scattare una foto al giorno per un anno. Ho letto commenti di alcuni che partecipano e di altri che assistono da spettatori che questo modo di fare prima o poi cambia il modo di vedere e di pensare, in qualche modo ti proietta in un mondo in cui l'immagine, la ricerca di una bella immagine ha un posto prioritario nel modo di percepire la realtà. Alcuni blogger stanno facendo lo stesso, costringendosi a scrivere un post al giorno, per abituare la mente a un modo di espressione che probabilmente richiede per alcuni una certa "riconversione".

Questa idea l'ho trovata (un po' più in piccolo, parlando di un mese) nel blog di Darren Kuropatwa, un insegnante canadese che ha tante belle idee; ad esempio tipo sfruttare flickr e la sua comunità in modo didattico... pensate che bello potrebbe essere per un insegnante di italiano del biennio superiore (in cui una delle unità di apprendimento è solitamente l'analisi dei linguaggi e delle forme di espressione) o di arte il poter stimolare la creatività degli studenti, mostrare loro i potenziali usi educativi dei loro telefonini e di internet, mentre insegna loro a leggere un'immagine scattata proprio da loro, o mentre chiede loro di costruire immagini a partire dal contenuto che deve essere possibile leggervi...

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Wiki online e in locale - note tecniche

Non so praticamente nulla di wiki. Per saperne di più ho provato ad iscrivermi a un paio di siti che offrono gratuitamente degli spazi wiki (pbwiki e wikispaces) e ad installare localmente sul mio portatile dei software che facciano lo stesso: tikiwiki, dokuwiki, mediawiki.

Ho trovato più semplice, più personalizzabile, in definitiva più attraente pbwiki, tra i due candidati per il mio wiki di lavoro (che ho già messo all'opera).

Per quanto riguarda quelli in locale, l'unico che non ha dato problemi sulla mia scatola Ubuntu è stato dokuwiki, che ho subito adottato come strumento (condiviso in rete) di collaborazione domestica. Un po' una colf: peccato che non stiri.

Una delle cose belle di queste tecnologie è proprio il poter imparare da autodidatti o quasi semplicemente leggendo qua e là e provando con le proprie mani.


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martedì 18 marzo 2008

Gli strumenti che hanno cambiato l'insegnamento?

Su "Classroom 2.0" è stato aperto un forum sugli strumenti che sono divenuti insostituibili per come hanno cambiato la didassi dei partecipanti.

Hanno risposto in tanti, indicando: computer, internet, blog e wiki, proiettori, e molte altre cose.

Io mi vergogno: dovrei rispondere "la lavagna". Vorrà dire che devo svecchiare un po'? Vediamo...

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lunedì 17 marzo 2008

Wiki e blog

In questo wiki, per la verità piuttosto scarno, si trovano linee piuttosto interessanti che vale la pena riportare qui.

Blog (da web log, dove "web" indica internet e "log" è la registrazione di qualcosa, una tabella di marcia). Un giornale online in cui una o più persone scrivono articoli, che sono raggiungibili, a seconda delle impostazioni, da chiunque o da un gruppo selezionato di persone, e in cui i lettori (o una porzione di essi) ha la possibilità di rispondere intavolando quindi una discussione. Questo sito è un esempio (piuttosto povero, per il momento) di blog.

Wiki (dall'hawaiiano, "veloce", "rapido"). Si tratta di una raccolta di informazioni strutturate accessibili a più persone (solitamente nella forma di una pagina web), che possono modificarle o aggiungervi contributi. Wikipedia è un esempio (gigantesco) di wiki.

Da qui in avanti vado a braccio, nel senso che si tratta di riflessioni notturne quasi estemporanee e in attesa di riscontri, confronti, smentite.

Che usi didattici si possono trovare per questi due protagonisti del Web 2.0? Il primo è senz'altro indicato per avere discussioni, scrittura creativa, in qualche modo per ogni tipo di attività in cui l'aspetto dialogico è centrale. Vista la forma giornalistica e l'aspetto sequenziale degli interventi, mi sembra di poter dire che il blog possa essere utile in situazioni di costruzione di saperi distinti e personali tramite il confronto e il dialogo.

Il secondo invece è più utile in situazioni in cui vi sia un obiettivo finale da raggiungere per approssimazioni successive e in modo collaborativo. Tenendo presente che in molti casi i servizi wiki offrono anche strumenti per la discussione delle modifiche apportate da un utente, il wiki può essere utile in situazioni di accrescimento cumulativo di un sapere collettivo unificabile, senza un ruolo fondamentale della cronologia.

Mettendo in evidenza il ruolo del tempo, si può notare una sostanziale dualità dei due mezzi di comunicazione: il wiki è un colpo d'occhio sincrono di un sapere che si è costruito diacronicamente. Il blog è un colpo d'occhio diacronico di diversi saperi che si costruiscono sincronicamente.

Mettendo in evidenza invece l'elemento centrale e la tipologia di sapere coinvolto, il wiki è centrato sull'oggetto, che è singolare (nel senso che il contenuto del wiki è uno solo), mentre il blog è centrato sul processo, che è plurale (nel senso che i processi di apprendimento in corso sono diversi per ogni persona partecipante).


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sabato 15 marzo 2008

10 modi per usare un blog

Trovo sul sito di Edublogs alcuni consigli per l'uso didattico del blog. Li posto qui...

  1. Posta materiali e risorse. Il web è uno strumento fantastico quando si tratta di distribuire risorse: tutto quel che devi fare sul tuo Edublog è caricare, o copiare e incollare, i tuoi materiali nel tuo blog, ed essi saranno istantaneamente accessibili dai tuoi studenti da scuola e da casa. E ancor di più, puoi facilmente gestire chi può avere accesso ad esse tramite password e accessori con misure di sicurezza.
  2. Ospita discussioni online. Se ti sei mai preso la briga di organizzare uno spazio di discussione online, ti piacerà molto quel che Edublogs può fare per te. Gli studenti possono semplicemente rispondere a post di blog e discutere argomenti che hai assegnato loro attraverso commenti o grazie alla semplice funzionalità di forum: i commentatori possono anche iscriversi e ricevere email quando ci sono risposte ai loro commenti e tu puoi facilmente gestire ed editare tutte le risposte tramite il pannello amministrativo.
  3. Crea una pubblicazione di classe. Ricordi i bei vecchi tempi dei giornali di classe? Ecco, sono diventati ancora più facili con Edublog: puoi aggiungere studenti come contributori, autori e persino editori per produrre una pubblicazione  collaborativa online personalizzata, dettagliata e coinvolgente.
  4. Sostituisci il tuo bollettino. Ti sei sempre divertito a fotocopiare e graffare pagine e pagine di un bollettino al venerdì pomeriggio? Ah no? E' ridicolmente semplice postare informazioni per la classe, notizie, eventi e altro sul tuo edublog.
  5. Fai bloggare i tuoi studenti. Va bene inviare i tuoi studenti su siti che offrono blog, o anche crearli per loro, ma hai bisogno di operare come un centro di smistamento per il loro lavoro e di un luogo in cui essi possono facilmente visitare i blog gli uni degli altri. Il tuo Edublog può essere usato per incollare insieme i blog dei tuoi studenti e inoltre, se chiedi ai tuoi studenti di bloggare, devi farlo tu stesso!
  6. Condividi la tua programmazione. Tutti amiamo pianificare e il lavoro amministrativo, vero? Bene, usando un Edublog puoi trasformare la pianificazione e la riflessione sulle classi in un'esperienza genuinamente produttiva e persino collaborativa. Condividere i tuoi piani, le tue riflessioni, le tue idee e le tue paure con altri educatori sia della tua scuola che intorno al mondo usando un Edublog è un grande modo per crescere come insegnante, e un modo brillante per usare un blog.
  7. Integra multimedia di ogni tipo. Con un paio di clic puoi inserire video online, presentazioni multimediali, proiezioni di diapositive e altro nel tuo edublog e miscelarli con il tuo testo e le tue risorse statiche. Non sono richiesti cd, non è necessario saper programmare: selezioni il video, il podcast o lo slidecast che vuoi usare e lo inserisci nel tuo blog per illustrare, arricchire e migliorare la tua attrezzatura per l'insegnamento.
  8. Organizza, organizza, organizza. Non devi usare il tuo blog solo come un pedagogo... puoi usarlo ugualmente anche per organizzare qualunque cosa dalle squadre sportive della scuola alle prove per una produzione prossima. Puoi allestire quanti Edublog vuoi, perciò non aver paura ad usarne uno dedicato per un particolare evento.
  9. Cerca il feedback. Non c'è niente che dica che tu non possa permettere commenti anonimi su un blog (anche se hai perfettamente ragione se decidi di sottoporre qualsiasi commento alla moderazione), ma perché non pensare di usare un blog come un posto per studenti, e persino genitori, per dar voce ai problemi, lasciare un feedback o in generale dirti quanto sei bravo?
  10. Crea un sito completamente funzionante. Una delle grandi cose degli Edublog è che sono molto, molto di più rispetto a strumenti per il blog. In effetti, puoi usare il tuo Edublog per creare un sito con molti livelli, approfondito, ricco di risorse multimediali, che non sembra affatto un blog. Perciò se preferisci creare un insieme di contenuti statici, un archivio di informazioni importanti o persino catalogare la biblioteca, puoi piegare un Edublog secondo le tue esigenze.

Ovviamente il tutto è pubblicità. Mi sembra però piuttosto interessante vedere le possibili situazioni in cui viene suggerito di usare un blog o un servizio basato su un blog...
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venerdì 14 marzo 2008

Come diventare un insegnante alfabetizzato del XXI secolo

Nel suo blog, David Warlick suggerisce un cammino in dodici passi per diventare "a 21st Century Literate Educator", cioè un insegnante, tradurrei, esperto, alfabetizzato circa il XXI secolo. Come se questo secolo avesse bisogno di istruzioni per l'uso, di un percorso di apprendimento per gli insegnanti nati e cresciuti nel secolo precedente.
Traduco i dodici punti, perché mi sembrano interessanti:

  1. Trova due o più altro educatori nella tua scuola interessati ad imparare e ad usare le emergenti tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Sarebbe un vantaggio enorme avere nel gruppo l'esperto bibliotecario della scuola.
  2. Identifica la persona giusta nella scuola che possa fornire il supporto tecnico e la configurazione per i computer, sempre più usati, e per la rete. Regalagli dei biscotti al cioccolato.
  3. Identifica alcuni edu-bloggers che parlano delle ICT emergenti che stai considerando. Leggi il wiki "Bloggers to learn from", con i contributi di una comunità mondiale di educatori.
  4. Delega! Assegna a ogni membro del tuo team alcuni dei blog selezionati da seguire, condividendo nel gruppo gli specifici post.
  5. Leggi, studia e discuti di libri sull'insegnamento e l'apprendimento e il mondo in cui questi avvengono. Leggi il wiki "Books to learn from", con i contributi di una comunità mondiale di educatori.
  6. Programma incontri regolari (una o due volte al mese) in un ristorante, bar o pizzeria locale (preferibilmente con Wi-Fi). Incontratevi e discutete quel che avete imparato e che volete imparare.
  7. Apri un account di gruppo su del.icio.us (un servizio di social bookmarking) per organizzare e condividere le risorse web.
  8. Apri un wiki per inserirvi appunti, link e istruzioni passo-passo.
  9. Aderisci a uno dei social network di Ning, come School 2.0, Library 2.0, Classroom 2.0.
  10. Apri il tuo blog personale per condividere le tue riflessioni su quel che stai imparando e su come lo stai imparando.
  11. Inizia a sperimentare nella tua classe e condividi i risultati.
  12. Condividi i tuoi risultati con altri insegnanti della tua scuola e invitali alle discussioni.
L'articolo si conclude con quella che, a mio avviso, è una frase assolutamente condivisibile, ben al di là degli aspetti tecnologici: inizia a realizzare, nel tuo lavoro di insegnante, la pratica di diventare un maestro apprenditore (master learner).
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La classe utopica

Mi sono imbattuto in un blog piuttosto interessante. Jabiz Raisdana, un insegnante americano parla in questo post della classe utopica del ventunesimo secolo. Ovviamente tutto è basato sulla tecnologia e sulle possibilità di sfruttare i più moderni ritrovati in classe. Però mi sembra interessante l'idea di fondo: il mondo è cambiato, gli studenti devono vivere in un mondo diverso da quello in cui sono cresciuti i loro docenti, e a questo devono essere equipaggiati, la scuola deve pensare anche a questo.

D'altro canto, leggendo altri post sullo stesso blog, si viene a sapere che il Jabiz Raisdana è stato spinto a dimettersi dal suo incarico di insegnamento perché in uno dei blog che usava con gli studenti appariva un link che portava al suo blog personale. Una distrazione costata cara, che, a mio avviso, richiede qualche riflessione sul rapporto pubblico-privato dell'insegnante, sulla privacy e sui limiti da porre alla ricerca della privacy, sulla professionalità dell'insegnante e sulla sua umanità.

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mercoledì 12 marzo 2008

Cos'è il Web 2.0

Forse è il caso di dare una definizione a cosa intendo io per Web 2.0, visto che questo è una delle due gambe di questo blog.

Mi rifaccio all'articolo di Hargadon che ho già segnalato in un post precedente.

Se il Web 1.0 è internet come l'abbiamo conosciuto qui in Italia alla sua prima diffusione di massa, cioè un luogo in cui è molto facile trovare contenuti, meno facile selezionarli, ma molto più difficile e dispendioso crearli, il Web 2.0 è l'evoluzione "naturale" e interattiva, cioè internet come si sta affermando sempre di più (specialmente tra le giovani generazioni): con la possibilità di creare contenuti con grande facilità, personalizzabile, con strumenti di comunità e di interazione, di lavoro cooperativo, di condivisione.

Youtube, Facebook, Flickr sono tra i "campioni" di questa piccola o grande rivoluzione. Questo stesso blog è un esempio di Web 2.0. Ho impiegato dieci minuti ad aprirlo. Ogni volta che devo inserire un articolo mi basta aprire una finestra nel mio browser, scrivere e premere un bottone per pubblicare direttamente. La limitazione (ma forse è proprio qui il punto cruciale) è solo la mia capacità di creare, di produrre.

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martedì 11 marzo 2008

Steve Hargadon

Steve Hargadon è uno dei promotori di Ning, un servizio web 2.0 che permette, udite udite, di creare non dei blog, ma degli interi social network personalizzati.
All'interno di Ning, vi è un social network in particolare, Classroom 2.0, che si riferisce più o meno agli stessi temi di questo blog.
Steve Hargadon è uno degli animatori di questa comunità. Perché parlo di lui? Perché uno dei motivi che mi hanno spinto ad affrontare questi argomenti è esattamente un suo articolo, che si può trovare nel suo blog. L'articolo, "Web 2.0 is the future of education" è molto interessante. Vale la pena di essere letto e discusso, se non altro per comprendere che differenza prospettica c'è tra il nostro modo italiano di vedere l'istruzione e quello statunitense.
Sia chiaro, sono affezionatissimo alla nostra cara vecchia malandata scuola italiana. Ma sono anche convinto che, di tanto in tanto, uno sguardo altrove non può che far bene. Allora, buona lettura!

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Fine o mezzo

Una mia collega di materie letterarie nega qualsiasi diritto di cittadinanza all'informatica nella scuola. Di fatto, in tante situazioni l'informatica c'è (o ci dovrebbe essere) ma non si vede...

Ma prendiamolo come dato di fatto: per qualche strana ragione, l'informatica è presente all'interno delle nostre scuole. Perché? Come interpretare questa presenza che, francamente, qualche volta può anche apparire inquietante?

In prima approssimazione, direi che un modo per vederla può essere come "fine": dobbiamo insegnare ai nostri studenti alcune abilità tecnologiche (perché servono nel mondo del lavoro, probabilmente) e le ore di informatica a questo sono deputate.

In alcuni indirizzi di scuole tecniche o professionali questo è certamente il caso: dove effettivamente ci sono contenuti da trasmettere. In altri casi, credo sia facile convenire con me, siamo perdenti in partenza: "ne sanno più di noi", sono loro, i nostri studenti, gli autoctoni nel mondo digitale, mentre noi solo immigrati, per usare un'immagine oggi di moda e che sta riscuotendo giusta fortuna.

Oppure possiamo considerarla un "mezzo" per arrivare a qualcos'altro. Già mi piace questa prospettiva, perché apre una nuova domanda: per arrivare a cosa? Proverei a lasciarmi provocare da questa domanda: quali abilità/competenze sono attingibili tramite le tecnologie, per mezzo loro? Secondo me questo può aiutarci a rispondere anche alla domanda sulla dignità delle tecnologie nella scuola.

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Apriamo!

Questo blog vuole essere un tentativo di aprire un discorso.
Il discorso riguarda l'uso delle tecnologie nella didattica, in particolare del cosiddetto Web 2.0, più in particolare nella scuola superiore italiana, ancor più in particolare per le discipline scientifiche.
Il titolo di questo blog suggerisce le mie aspettative sull'interesse del docente "medio".
Eppure forse l'attesa di un confronto non sarà vana, chi lo sa?
Benvenuti tutti coloro che hanno voglia di chiaccherare qui, in questa fortezza.